29.12.17

Under The Same Sky

Natale. Tempo di ritorni in famiglia. Di transumanze che riannodano fili mai spezzati.
Ritrovo il Mare, un sole abbagliante che mi sorprende ogni volta allo stesso modo.
Ritrovo passi già compiuti, ne riscrivo di nuovi. Sotto lo stesso cielo, in tempi diversi.

Il pensiero corre veloce a un'altra famiglia, che sento profondamente mia anche se impalbabile, inafferrabile. Una famiglia che in tempi non troppo lontani ha saputo colmare distanze siderali e tenermi agganciata alla vita raggiungendomi nel fondo della mia essenza più viscerale. Un'essenza che, attraverso la scrittura digitale, ha gridato, ora sussurrato, sogni, dolori, frustrazioni, ambizioni. Incubi reali e proiezioni al tempo soltanto futuribili, che ora sono finalmente in fieri.

Più volte ho pensato di essere davvero una privilegiata per questo fortunato incastro d'anime che mi ha vista protagonista against all odds, a dispetto di ogni titubanza, distanza, insicurezza, intimo senso di inadeguatezza. Non sapete quante volte vi ho abbracciate col pensiero - il cuore colmo di affetto - anime belle! Mie anime sorelle.

Un universo di possibilità mi si schiude davanti (era sempre stato lì!), adesso che sono un po' più pronta. Enormi responsabilità mi chiamano e non ho alcuna intenzione di tirarmi indietro. Paura? Sì, ma non di non esserne all'altezza. So che potrò fermarmi ogni volta che vorrò. Per ricaricare le pile. Allenare i muscoli di cui di volta in volta riterrò di aver bisogno. E crescere, crescere sempre. Non fermarmi mai.

Quest'anno ho scoperto che il mio cuore è piccolo, ma capace di contenere molto più di quanto credessi. Inizi a ricevere, quando permetti agli altri di conoscerti davvero, e consenti loro di darti affetto. Semplice e banale, ma non per me. Ho dovuto lavorare sodo su certi miei automatismi evitanti rigidi e iper(auto)protettivi, all'inizio insieme a chi conosce bene le chiavi che mi avrebbero consentito di capire come scardinarli, un pochino alla volta.

Quanta sofferenza passata! E quanto potente può rivelarsi la nostra capacità di rinascerne più forti, se solo ci diamo il permesso di attraversare il nostro "deserto personale" con i nostri tempi, smettendo di bastonarci ogni qual volta non soddisfiamo le nostre stesse rigide aspettative! Il dolore resta sempre dolore, ma è pur vero, come diceva qualcuno, che i maestri giusti arrivano quando l'allievo è pronto. E, riguardandomi indietro, prima di affacciarmi sul nuovo che mi sto costruendo, finalmente raccogliendo il coraggio a piene mani, posso confermare che è davvero così!


YUKI, AKA PRISMA
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Sountrack: Driving Away From Home - It's Immaterial 

31.3.17

Cattivissima (Con) Me

Intorno a me
Figlian tutti come conigli
Mentre ancora fatico
A trovare i miei appigli.

Solo se viaggio
Ritrovo gli artigli,
Annuso la vita
Tra Tornanti e Navigli.

Il futuro? Una sfinge,
Bloccata tra cuore e laringe.
La solita voce, che stringe:
Non combinerai mai un cazzo di buono,
E' stato soltanto frastuono!

Un lamento, un latrato...
L'ennesimo orgasmo mancato.


Lunàdigas, un film che devo vedere... per capire, se sono (chi sono)

(Postilla: la verità è che la gente, persino la più cinica, vuole l'happy ending... ma non sempre questo è possibile, né è piacevole guardarsi allo specchio, anche se talvolta è necessario, per quanto faccia male. Il problema è saper dosare questi momenti con altri in cui si proceda invece spediti e senza indugi, per scongiurare deleterie interferenze di una linea temporale - il passato - con l'altra - il futuro -, e gli sconvenienti effetti disastrosi a cascata che finirebbero per reiterare, in un loop discontinuo, sempre lo stesso risultato. Come se, pur chiamando numeri diversi, ci ritrovassimo ad ascoltare sempre lo stesso avviso registrato che ci avverte che il nostro destinatario è al momento irraggiungibile).

YUKI, AKA PRISMA
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Soundtrack: Digging Shelters - Neil Halstead

20.2.17

Oldies (But?) Goodies

Del perché la stessa persona ne stimi contemporaneamente due diverse, che più diverse non si può, e non nel senso di una miglior texture umana resa possibile dall'accostamento di elementi di diversa forma e colore. Parliamo di due specie diametralmente opposte, nel senso che una delle due, se potesse, eliminerebbe l'altra dalla faccia della terra. Non soltanto metaforicamente. 

Questa è la storia che, a posteriori, con la consapevolezza del "poi" che allora non vi era, va a ricadere nello schema sputtanatissimo, nonché ancor oggi attualissimo, della vittima e del bullo. Nel nostro caso, bulle. L'unica differenza è che eravamo nel lontano 1995 ed allora non esistevano i social networks, altrimenti ben altro e ben più grave esito avrebbe potuto avere questa vicenda, rimasta sconosciuta ai più per oltre vent'anni per evitare di sollevare inutili polveroni (eccezion fatta per due figure maschili che, una protagonista, l'altra orecchio attento ed empatico diversi anni dopo l'accaduto, hanno saputo farsi culla per questo segreto).

Non esistevano i social networks, dicevamo, e nemmeno i telefoni cellulari, ma esistevano le cabine telefoniche (quelle alla Superman per intenderci) ed i pennarelli Uniposca colorati. E due ragazzine che, per passare il tempo un noioso sabato pomeriggio, pensarono bene di inventarsi un bel "giochino" ai danni di una terza, ignara. Il tutto andò a culminare con una serie di chiamate al telefono fisso di casa di quest'ultima, la mattina di Pasqua. Sì, avete capito bene, proprio la domenica di Pasqua! Una serie di voci maschili di svariate età, dall'altro capo di una cornetta, chiedevano di lei, una poco più che quattordicenne, per ciò che senz'altro immaginerete senza che ci si addentri in inutili particolari. Alla richiesta di spiegazioni avanzata dal padre della vittima al terzo tentativo da parte di uno di costoro, questi candidamente giustificò il motivo della sua telefonata nell'aver letto un annuncio scritto su una cabina telefonica, confermando il nome di battesimo della malcapitata e l'esattezza del numero composto.  

Senza pensarci due volte, sotto la pioggia battente, un padre e una figlia si misero in macchina a perlustrare una ad una tutte le cabine telefoniche (e badate bene che in quegli anni ve ne erano decine e decine) di un intero ed esteso quartiere: quella storia doveva assolutamente finire! 

Sulla via del ritorno, ormai sconfitti e preoccupati, videro un'ultima, isolata cabina. Con la forza di un ultimo, disperato, tentativo, lo sportello dell'auto si aprì ancora una volta e la ragazza andò a guardare. Ed ecco lì, sotto i suoi occhi increduli, in uno sgargiante rosa confetto, la scritta maledetta! Un brivido la percorse tutta. Sapeva esattamente chi vivesse proprio lì vicino... e chi delle due possedesse un Uniposca di quel preciso colore. Se aggiungiamo che non molte persone erano a conoscenza del suo numero di telefono, il caso era praticamente chiuso. Non poteva crederci. Sapeva di non esser mai andata a genio a nessuna delle due, ma non fino al punto di arrivare ad un gesto del genere. Prontamente, con l'aiuto di suo padre, la ragazza riuscì a rimuovere l'odioso "annuncio" e, così, ad interrompere la penosa catena di chiamate volgari al telefono di casa sua. Al rientro dalle vacanze pasquali ebbe infine la conferma inappellabile e definitiva dei suoi timori: il pennarello incriminato apparteneva, come ricordava, proprio alla ragazza che abitava vicino al luogo del "misfatto". 

A sua madre non rivelò mai di aver scoperto l'identità delle responsabili di quel dispetto, né a nessun altro. Nemmeno le artefici dell' "innocuo" scherzetto seppero mai che lei sapeva. Una di loro, venne a scoprire per caso anni dopo, se ne andò prematuramente per una brutta malattia. Le dispiacque, nonostante tutto. E non potè fare a meno di pensare al destino beffardo che si era portato via tanto presto proprio colei che aveva dedicato la propria tesina finale alla Nera Signora, mentre lei, che si era occupata del suo esatto opposto, ancora teneva botta, nonostante i molti colpi ricevuti dalla vita in quelli e negli anni a venire. L'altra adesso si è sistemata, ha un lavoro stabile e ben retribuito, un marito e dei figli. E' quella che si può tranquillamente definire una "vincente", almeno alle apparenze. Chissà se ricorda ancora quel pomeriggio di "sano" cazzeggio in cui, per ammazzare un po' il tempo, aveva quasi rovinato la serenità di un'intera famiglia. Probabilmente no.

Per un colpo di fortuna, il danno si potè contenere e arginare nel giro di poche ore. Conseguenze ben peggiori si sarebbero potute avere se quel padre e quella figlia, quel giorno, non fossero riusciti a trovare e rimuovere quell'annuncio... e se, al tempo, la bravata fosse stata compiuta con gli strumenti tecnologici che abbiamo a disposizione oggi. Immaginate se al posto di quel numero fisso, che per forza di cose ha portato - e per fortuna! - al coinvolgimento di un adulto che ha contribuito alla risoluzione del disagio, ci fosse stato il numero di cellulare dell'adolescente che magari, per vergogna ed imbarazzo, si sarebbe tenuta tutto dentro. Se il gesto che oggi, col senno di poi, possiamo a buon diritto chiamare un vero e proprio atto di bullismo (cosa che al tempo così non fu perché mancavano gli strumenti atti a comprendere quanto stava accadendo e perché), fosse stato rilanciato e condiviso sui social... chissà come sarebbe cresciuto, magari a dismisura, quel fatterello e se quella ragazza di allora, travolta dal vortice, oggi sarebbe ancora qui per raccontarlo.

Nessun rancore, solo un sano sbigottimento. E la consapevolezza che si trattò di uno strascico che, per un caso davvero raro ma sfortuntato, aveva fatto sì che quanto già vissuto - sempre senza consapevolezza e strumenti di supporto - alle scuole medie si fosse iniziato ad innestare anche dopo, a causa di una lingua troppo lunga. In nessuna delle due situazioni ci fu una reale presa in carico del vissuto di disagio, solo un trascinarsi dentro quei macigni, un tirare avanti e sopravvivere, sentendosi pure responsabile per non sapersi difendere e colpevole di essere "diversa" dalla maggioranza ("outsider" o "nerd", per usare la terminologia di oggi).

Ora quella ragazza, divenuta Donna, saprebbe cosa dire alla se stessa di ventidue anni fa. Come sostenerla, come indirizzarla, anche preventivamente, ad un supporto mirato in grado di riscattarla dalle conseguenze di una famiglia fuori dal comune (per usare un pallido eufemismo) e renderla più corazzata per affrontare la vita sociale e le relazioni tra pari. Ora saprebbe tenderle la mano con amore, non per proteggerla, farle scudo e lasciarla passiva, da "povera", debole vittima dell' "alterità cattiva". Ma per spronarla a conoscere e trovare in sé la forza e quella cassetta degli attrezzi indispensabile per saper stare in mezzo alla gente senza paura. Per non subire più la propria storia personale e familiare e, in ultima analisi, se stessa. Per cessare una volta per tutte di esser calamita del disagio esternalizzato altrui.

Perché raccontare questo, oggi? Perché i segreti, una volta elaborati e digeriti i fatti che li hanno originati, dovrebbero cessare di esser tali e così perdere il loro potere distruttivo per lasciare spazio a nuove esperienze di segno opposto. 

Auguro alla superstite delle due ex bulle (non le avevo mai definite tali finora, ma è questo ciò che sono state in quella circostanza e le cose, per poterle riconoscere per ciò che sono e prenderne le distanze, vanno chiamate col loro nome) di fare tesoro del passato per poter essere un buon esempio per i suoi figli. A loro auguro, invece, di non incontrare mai nessuno che faccia a loro quel che per gioco fece la madre ad una sua coetanea.  E, ovviamente, a loro auguro di non arrivare mai a fare lo stesso ad un loro coetaneo.

Il passato dovrebbe servire per imparare, non per re-iterare. Io, da par mio, ce la sto mettendo tutta. Soprattutto per essere più leggera. Tirar fuori vecchi macigni e condividerli con chi può capirli serve anche a questo.


YUKI, AKA PRISMA
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Soundtrack: Don't Let It Bring You Down - Annie Lennox

1.1.17

Blue

Inevitabilmente, il mio colore. Ieri, Adesso e Sempre.
Bisogna che impari ad indossarlo con più stile.
In fondo - dicono - mi sta piuttosto bene.













YUKI, AKA PRISMA

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Soundtrack: Blue - The Jayhawks