30.1.12

Iacona, Sempre Più Bravo!




Chi mi segue da un po' saprà quanto stimi e apprezzi Riccardo Iacona, come Giornalista e come Persona, uno di quei connazionali con la C maiuscola, di cui vado estremamente fiera. Con il suo Presa Diretta ha messo insieme una squadra di valenti reporter che di settimana in settimana ci mostrano l'Italia che certo giornalismo 'penna rossa, penna gialla, per gli amici solamente penna a sfera' non sembra interessato a mostrare.

E' grazie a un programma come questo che riscopro il giornalismo come cane da guardia della politica. In ogni puntata lo spettatore viene informato del reale stato delle cose con il piglio accorato e puntuale di chi ama il paese in cui vive e soffre profondamente nel vederne giorno dopo giorno lo sfacelo. Potremmo anche riconoscervi una certa serialità, soprattutto quando uno speciale sulla 'Ndrangheta e le sue mani sulla città si ricollega a un altro dedicato al dissesto idrogeologico del paese, mostrandoci concretamente con quanta prorompente e subdola pericolosità la malavita sia entrata a far parte del tessuto socio-politico anche delle regioni del nord, tanto da essere collegata alle alluvioni nelle Cinque Terre, oggetto della puntata andata in onda domenica sera su Rai Tre.

Mi piace Iacona perché pungola la politica, bacchettandola a suon di fatti, dati, prove empiriche, esempi virtuosi, dando pari peso alla vox populi e alle testimonianze e alle ricerche di esperti spesso ignorati - quando non messi a tacere - da coloro che gestiscono la cosa pubblica, che oramai è sempre più 'cosa loro'.

Le puntate di Presa Diretta sono tutte disponibili sul sito della trasmissione. Vi consiglio in particolare l'ultima trasmessa, "Terra Violata". Guardandola ho pensato per l'ennesima volta Povera Terra Mia...


YUKI, AKA PRISMA

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28.1.12

"Ausmerzen": FateVi Un Favore. Guardatelo.


In questo toccante spettacolo-documentario Paolini porta alla luce una storia che in pochi conoscono, quando la Germania sfruttò i principi dell'eugenetica per tagliare i costi in tempi di crisi economica. Le idee di cui si nutrì il nazismo e che culminarono nella soluzione finale non erano venute dal nulla, ma affondavano le radici in quella scienza dell'evoluzione della specie nata e cresciuta durante la Belle Epoque. Quelle idee erano già applicate negli Stati Uniti, che selezionavano gli immigrati scartando coloro che venivano ritenuti inferiori e/o improduttivi. La sterilizzazione su basi scientifiche eugenetiche era già praticata in paesi come la Svezia, la Norvegia e il Giappone su coloro che erano classificati come portatori di tare genetiche ereditarie.

Negli anni '30 in Germania un dipartimento speciale iniziò ad occuparsi delle "vite indegne di essere vissute": disabili, menomati, malati mentali, fra questi anche molti bambini. Cittadini tedeschi, sui quali furono compiute quelle che oggi potremmo definire le prime prove tecniche di sterminio. Condotti in apposite strutture - spesso ex ospedali psichiatrici - tutti coloro che finivano nelle liste del programma K4 venivano eliminati con le prime camere a gas camuffate da docce e poi bruciati nei forni crematori. In una delle foto che Paolini ci mostra vediamo il fumo nero salire alto nel cielo dalla cima di una collina su cui sorgeva una di queste strutture. Non era Auschwitz, ma un paesino della Germania, e a bruciare non erano ebrei, ma cittadini tedeschi che non raggiungevano i requisiti necessari per poter continuare a 'pesare sul bilancio' dello stato.

"Ausmerzen": fateVi un favore. Guardatelo.
Domani sarà ritrasmesso alle 21:30 in replica su La7. Per chi non potesse, incorporato nel post trovate il video integrale pubblicato su YouTube.


YUKI, AKA PRISMA

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25.1.12

Un'Estate Con Monika...




Ieri, per la prima volta, mi sono accostata al cinema di Bergman. A chiamarmi a battesimo è stato Monica E Il Desiderio. Associo da sempre, quasi automaticamente, il regista svedese a tematiche profonde, anche un po' ostiche, perciò mi hanno colpito da subito, di questo film, la naturalezza dei dialoghi e l'apparente 'semplicità' del mostrare due persone ordinarie in pausa dal loro lavoro, fatto che mi ha riportato alla mente il nostro neorealismo e quanto mi piacerebbe che si tornasse anche noi a parlare in modo dignitoso della vita vera, senza tutta quella retorica e palese finzione che permea molto del nostro cinema più recente.

I due protagonisti, Monika e Harry, ci vengono subito presentati nei loro tratti caratteriali più salienti. Spregiudicata la prima, dolcemente ingenuo il secondo. Già in questa prima scena che li vede insieme, al loro primo - casuale? - incontro è inscritto il loro destino. O almeno, d'istinto, è questo che vi ho letto. Monika proietta da subito il suo desiderio di fuggire da una realtà che le sta stretta sullo 'sconosciuto' Harry: "Io andrei lontana, via, e non tornare più! Vagare per il mondo senza meta... Ti piacerebbe?", pronunciata quasi per gioco al bar, prima di riprendere il lavoro. Qui ha inizio il progressivo avvicinamento tra i due, movimento di cui - ai miei occhi - è sin dal primo momento la giovane donna ad avere in mano il timone. Mi verrebbe da dire che è in questo istante che Monika inizia a tessere la sua tela.

Da un invito al cinema inizia la storia d'amore tra i due, che culmina con la fuga di Monika da casa dei genitori e il viaggio della coppia a bordo della barca a motore del padre di Harry, dopo che entrambi hanno lasciato famiglia e lavoro per inseguire il sogno di una vita libera, lontano da tutto e tutti. Il bianco e nero paradossalmente diventa prismatico nel percorso che ci accompagna da Stoccolma a un'isola nei suoi dintorni, fatta di scogliere e natura selvaggia. Mi sono sorpresa di quanto fossero più ricche le immagini proprio per l'assenza del colore, che riuscivo invece a intuire facilmente attraverso i chiaroscuri.

Nel vedere i due giovani cucinarsi da mangiare e lavarsi all'aria aperta, con mezzi di fortuna, mi sono ricordata per un attimo di Into The Wild, della fuga anche in quel caso dalla società e dalle sue imposizioni, culminata poi drammaticamente. Brevemente, per uno strano processo di associazione, ho rivisto nella mia mente anche qualche fotogramma di Aurora di Murnau, e un percorso di coppia inverso, questa volta dalla campagna alla città e poi ritorno, con un doppio finale (quello tragico, soltanto sfiorato - forse il più vero - e quello effettivo, decisamente più hollywoodiano - probabilmente imposto).

Sull'isola l'amore tra Monika ed Harry è dapprima tenerezza e sensualità, gioco e spensieratezza, illusione di eternità che in sé già racchiude l'inevitabile fine. Poi, prosaico declino. Quando il diciannovenne afferma ad alta voce, tenendo l'amata tra le braccia, la certezza che tutto andrà bene e che i due rimarranno insieme per sempre, i suoi occhi ancora non riescono a vedere la caducità di una promessa nata per essere infranta.

Ben presto i problemi inizieranno a farsi sentire, la morsa della fame spingerà Monika, incinta, a procurarsi da mangiare rubando, fin quasi a rischiare l'arresto. La scena in cui, fuggita dalla casa dei derubati, la giovane nascosta nella boscaglia addenta l'arrosto di cui si era impadronita mi è parsa l'apice cinematografico della natura irrispettosamente selvaggia della ragazza. Non sono riuscita mai a percepire del vero amore in lei, ma solo fame cieca e ho provato un istintivo fastidio verso i suoi modi, verso il suo continuo approfittare della bontà di Harry, complice, dal canto suo, nella sua iniziale ingenuità, di un disegno poco pulito fin dall'inizio. Si potrebbe forse obiettare che la giovane sia stata anche lei spinta da un innocente desiderio di trovare l'amore ed una nuova vita - in fondo la sua commozione al cinema davanti a un amore impossibile sembra sincera - ma non posso non pensare alla sua malizia e al suo aver pilotato gli eventi per i suoi interessi. Non è forse un caso che, poco prima di mostrarci Monika risalire a bordo del motoscafo, Bergman indugi su una ragnatela e il suo abile tessitore.

Ho ripensato alle due scene ambientate a casa dei genitori di Monika e allo stridente contrasto tra sua madre, alle prese con i fratellini scalmanati, le faccende casalinghe e il padre amante dell'alcol, e la giovane, totalmente immersa nei suoi bisogni e interessi che, senza mai muovere un dito per aiutare in casa, sbotta in un modo che ho trovato esagerato e chiaro ed efficace indicatore della sua natura egoista, capricciosa e infantile. Così Monika ci appare, infatti, al ritorno in città, dopo il matrimonio e il parto. Da subito è Harry a pensare a tutto. Lavora, studia e bada alla neonata, di cui la moglie non sembra avere alcuna intenzione di occuparsi, nemmeno quando il marito è assente. La protagonista, irritabile e annoiata, lascerà che sia la zia di Harry a pensare alla bambina e alla casa e finirà per tradire il compagno andando a letto con una vecchia fiamma. Non contenta, spenderà i soldi che lui le aveva lasciato per pagare l'affitto per comprarsi un vestito. Queste le gocce che faranno traboccare il vaso e risveglieranno finalmente Harry da un sogno finito da tempo.

C'è un'inquadratura della protagonista, poco prima della conclusione della pellicola, che ne incarna la natura vampiresca, da mangiatrice di uomini. E non si può dire che non ne fossimo stati avvisati. Fin dall'inizio più e più volte, nelle interazioni con i colleghi maschi, con una vecchia fiamma, nel suo stesso modo di esprimersi ("mi si gela il sottoschiena", che in questa forma edulcorata è probabilmente frutto dei traduttori nostrani dell'epoca) e di atteggiarsi davanti allo specchio, Bergman ci ha mostrato chi è Monika. Una donna che pre(te)nde tutto e subito. Capace di amare soltanto il riflesso di se stessa, di dare ordini. Ricorrente quel suo "komm!", "vieni!", pronunciato a più riprese per portare il malcapitato di turno a fare quel che lei desidera. E' questo il ritratto di donna che il regista ci restituisce ed è un'immagine potentissima, universale, oserei dire anche un po' misogina, alla fine di tutto. Ma non è così. C'è l'inganno di un amore, che in realtà amore non era fin dall'inizio, ma che dell'amore aveva assunto le sembianze. Ci sono lo struggimento, i sorrisi, il contatto - questo sì - reale tra due corpi, che dura giusto il tempo di un'estate. E oggi, infatti, cercando qualche dato in rete, scopro che il titolo originale rende giustizia a tutto questo, Un'Estate Con Monika, laddove invece la sua traduzione italiana, Monica E Il Desiderio, mi aveva lasciato piuttosto perplessa.

Se il personaggio di Monika e la storia raccontata possono sembrarci qualcosa di scontato forse oggi che l'emancipazione femminile e la libertà dei costumi sono una realtà, non dovevano esserlo affatto nel 1952, anno in cui il film ha visto la luce. Il vero protagonista, se per tale s'intende colui che nell'arco del racconto affronta un cambiamento, è senz'altro Harry, che, anche grazie all'incontro con la donna, finisce per rivoluzionare completamente la sua vita. Se prima era un semplice garzone, ora è un uomo capace, apprezzato nel lavoro, capace di ambizione e voglia di migliorarsi. Se prima era l'unico figlio di un padre silenzioso, provato dalla precoce morte della moglie, lo ritroviamo padre single, in carriera. Nell'ultima sequenza, la bambina tra le braccia, i suoi ricordi dei momenti felici insieme alla madre di sua figlia non mi sono sembrati rimpianti, né rimorsi. Vi ho letto, nonostante tutto, la gioia quasi incredula per ciò che è stato, e il coraggio e la voglia di costruire un nuovo domani. Per sé e per il frutto prezioso di una stagione ormai finita.

Devo ammettere che il film al primo impatto mi ha irritato, e forse è questa la sua forza. Deve aver toccato un nervo scoperto, il mio fastidio per un certo tipo di donna e, soprattutto, per il fascino che dalla notte dei tempi questo continua a suscitare negli uomini. E' l'universale consapevolezza della crudeltà di un crying game a cui è così difficile resistere. In questo Bergman è stato poeticamente impietoso ed efficace. E lo specchio che nel film pone all'inizio e alla fine davanti ai suoi personaggi, lo ha piazzato in realtà davanti a tutti noi.


YUKI, AKA PRISMA

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SOUNDTRACK: Emeli Sandé - Heaven

24.1.12

Tempo Che Passa. E Basta.




La bellezza del tuo sguardo. La parte per il Tutto.
Ci penso spesso. Starei ore a guardarti, di nascosto.
Com'è possibile? Che cosa significa?
Prigioniera di un'immagine magnetica.
Spettatrice non invitata di uno spettacolo inconsapevole di esserlo.
O forse sì.

Se fossi una pittrice fisserei quegli occhi per sempre.
Ma non lo sono, e allora ne scrivo.
Timida resistenza allo scorrere impietoso del giorno che mi obbliga a non pensarci, a essere 'grande', responsabile. A produrre, ad adempiere.

In nome di chi?
In nome di cosa?

Tempo. Soltanto tempo che passa e basta.
Qualcuno ha detto che il tempo non esiste.


YUKI, AKA PRISMA

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SOUNDTRACK: Lou Reed - Pale Blue Eyes


22.1.12

Imparare L'Ottimismo



Quando troppo presto assapori l'impotenza, la visione che avrai del mondo tenderà molto spesso ad assumere tinte fosche, il pessimismo e la conseguente tendenza alla depressione saranno le tue spine nel fianco. L'amico Martin - Seligman, N.d.M.M.S. (Nota di Me Medesima Sottoscritta) - dice invece che ottimisti non si nasce, si diventa. Lo si diventa apprendendo modelli cognitivi con cui interpretare la realtà.

Onestamente ne ho piene le scatole di sentirmi sempre demotivata, scarica, in balia degli eventi. E' vero, per lunghi periodi, nell'arco dei miei 31 anni lo sono stata davvero. Mi sono piombati tra capo e collo eventi di elevata gravità su cui non avevo alcun controllo né possibilità di intervento. Questo deve avermi plasmato, ed è per questo che ancora oggi ogni ostacolo mi sembra il reiterarsi di quelle catastrofi, di quei bastoni tra le mie ruote, nei momenti cruciali della mia esistenza. E ho anche la fortuna di avere accanto qualcuno che riesce, quando c'è, a ricondurmi sulla retta via, quando la smarrisco e inizio a lasciarmi trascinare dallo sconforto e da visioni da fine del mondo in salsa autobiografica.

Ora basta. Basta davvero. E non a questo povero blog, che non è niente più che una delle mie innumerevoli grafomani estensioni. Basta a questo modo di essere, di vedere la vita.
E che cazzo, me lo devo! Altrimenti tutto ciò che è stato fatto fin qui sarebbe vano. E non renderebbe felice qualcuno che di sicuro, da qualche parte nel cosmo, sta attraversando gli eoni e scuote la testa sconfortato davanti al mio quotidiano lasciarmi andare.

Perché in fondo, anch'io, sono di quelli che "per far pace col proprio cervello, gli dichiara guerra ogni volta", per citare parole d'altri che, incontrate per caso, mi sono restate dentro e si riaffacciano ora per ricordarmi la strada che ho fatto e quella che m'aspetta.

Non so come, ma da quel bizzarro hard disk scalcagnato che è il mio cervello stamattina è uscito fuori questo pezzo dei Byrds. Se c'è una colonna sonora per l'ottimismo, è questa! Quanto cazzo pò esse' bella!!!


YUKI, AKA PRISMA

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Soundtrack: The Byrds - Turn Turn Turn (To Everything There Is A Season)



To everything - turn, turn, turn
There is a season - turn, turn, turn
And a time for every purpose under heaven

A time to be born, a time to die
A time to plant, a time to reap
A time to kill, a time to heal
A time to laugh, a time to weep

To everything - turn, turn, turn
There is a season - turn, turn, turn
And a time for every purpose under heaven

A time to build up, a time to break down
A time to dance, a time to mourn
A time to cast away stones
A time to gather stones together

To everything - turn, turn, turn
There is a season - turn, turn, turn
And a time for every purpose under heaven

A time of war, a time of peace
A time of love, a time of hate
A time you may embrace
A time to refrain from embracing

To everything - turn, turn, turn
There is a season - turn, turn, turn
And a time for every purpose under heaven

A time to gain, a time to lose
A time to rend, a time to sew
A time to love, a time to hate
A time of peace, I swear it's not too late!

21.1.12

Basta


Forse questo blog ha fatto il suo tempo. Che senso ha questo parlarmi addosso, questo continuo monologare in solitaria? Reitero attraverso la scrittura questa mia chiusura asfittica che non porta a nessun giovamento.
Cerco un dialogo, ma sono incapace di instaurarlo. Tanto vale tacere. Tanto vale tenere tutto per sé, piuttosto che gettare al vento, a casaccio, in attesa di una risposta.
Si vede che me lo merito questo silenzio, che il muro che mi sono costruita attorno ha funzionato e nessuno ha più intenzione di scalarlo. Non era questo che volevo?

No.

"Dipende soltanto da te".

Perfetto! Allora sono fottuta! :) Ma questo già lo sapevo.

Retorico ma vero. Quanto più ti aspetti qualcosa e istintivamente lo pretendi, pur sapendo razionalmente quanto tutto questo sia sbagliato, tanto meno questo qualcosa ti sarà dato perché non è così che funziona.

L'Universo richiede messaggi chiari e chiarezza d'intenti, alla confusione risponde con la confusione. Input = Output. Come in un diagramma.

Sei certa di aver proclamato all'Universo il tuo giusto intento?

(Ormai parlo da sola come i matti. Dev'essere nel mio DNA)


YUKI, AKA PRISMA

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SOUNDTRACK: Phil Collins - Another Day In Paradise

20.1.12

Nunmereggaeppiù



Mi mancano le tue parole. Le parole che restano strozzate in gola. Che si avvoltolano su se stesse e rimangono impigliate. Nodi da sciogliere che diventano sempre più stretti. Anaconde accartocciate che stringono e stringono ogni cosa tra le proprie spire.

Quattro anni sono lunghi da lasciar passare. Ora che sono ormai alle mie spalle manca un ultimo filo sottile ma resistente che io sola posso tagliare. Il mio incedere è ancora bloccato. Il mio bozzolo è sempre asfittico. La terra è cambiata, ma se non viene dissodata difficilmente darà buoni frutti.

Polvere e vecchie scartoffie sono ancora lì. Soltanto due giorni fa ho trovato la forza di metterci mano. Di rimuovere la prima e selezionare tra le seconde. Gettare via senza rimpianti timide prove del tempo trascorso. Tutta una vita in otto metri quadri. Non è facile farci i conti. Ciò che è fuori è anche dentro. Mettere ordine nel Caos, quando non è fonte di creatività, ma impedimento.

Energia intrappolata. Rabbia retroversoflessa. Per ironizzare su un termine medico che un giorno di tanto tempo fa mi fu appioppato senza spiegazioni. Chissà che diavolo significa. In concreto ancora non l'ho capito.

Sangue fresco. Trascurarsi per prendersi cura di qualcun altro. Incredibile ma vero. Sono (stata) capace di farlo.

Giorni fa ho letto che altri che avevano intrapreso - e continuano tuttora - il mio stesso cammino, quello che ho interrotto, non sono stati pagati e sono entrati in causa. Io, a ripensarci, sono stata fin troppo fortunata. L'ho capito ex post. Due sole volte venni 'invitata' al banchetto. Per merito, e questo mi rende orgogliosa. Ma almeno sono stata pagata per il mio, pur breve, lavoro. Tutto sommato il fatto che non mi abbiano più chiamato, col senno di poi, si è rivelato un bene. Quanta amarezza. Talento buttato nel cesso. Guerre intestine, ma in fondo queste ultime notizie mi ricordano ancora una volta che non è stata (tutta) colpa mia.

Mi mancano le tue parole, in questo silenzio che sembra essere ormai diventato una costante.
Cosa è cambiato? Cosa NON è cambiato?

Mi mancano le tue parole. Mi mancano davvero.


YUKI, AKA PRISMA

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SOUNDTRACK: Simple Minds - Shake Off The Ghosts

15.1.12

Se Non Dai Niente...

...Niente Ti Torna


Ogni giorno sbrogliare la matassa diventa sempre più difficile. Mi sembra un'impresa titanica.

Vorrei essere una Tabula Rasa e ricominciare tutto dall'inizio, come nel gioco dell'oca.
O nel gioco del mondo. Ma senza essere una maga.

Vorrei, vorrei, vorrei...
Invece di vorrei, dire: Sono!
Urlarlo, anche.
Al vento freddo.
A questa luna.

Ma io,
so
chi sono?




E poi pensavo che a fare i monologhi senza contraddittorio sono capaci tutti. Sono i dialoghi ad essere molto più difficili. La socio-a-paticità e la virtualità messe insieme alla lunga producono una miscela potentemente autodistruttiva.

Ultimamente mi ritrovo a sognarmi sempre più spesso alle prese con un ritorno a certi miei vecchi lavori, come in una carrellata onirico-surreale che mi ricorda, casomai l'avessi scordato - e in effetti l'ho scordato - le cose che sono stata capace di fare. Se le scrivessi in un elenco, talmente sono variegate e incredibili rispetto alla persona che sono ora, sono certa che nessuno ci crederebbe. Certe volte non ci credo manco io. AHAHAHA...

Mi sto cercando.


YUKI, AKA PRISMA

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Soundtrack: God Is An Astronaut - Forever Lost

13.1.12

Au Revoir, Les Enfants


Life really sucks sometimes. But I'm not one of those who don't fight back!

Non ce la faccio proprio più. Non ne vale proprio la pena di sbattersi tanto. Va tutto a puttane comunque. Non è da me, ma oggi mi sento così. Don Chisciotte de 'sta minchia.
Il fatto è che un bel giorno ti 'vomitano' su questa terra e poi... te la devi cavare da solo e sono tutti cazzi tuoi.
Se sbaglierai tu, pagherai quasi sempre. Quando sbaglieranno gli altri, molto spesso faranno 'orecchie da mercante'.
Arrivi al punto che dici: ma chi cacchio ve l'ha chiesto di tirarmi fuori da lì! Stavo tanto bene per i fatti miei.
Dov'è finita la Poesia, e perché quei brevissimi attimi sono così rari? (modalità 'domanda retorica': ON).
La voglia di mollare tutto è davvero forte. Che cazzo di paese.




Aggrapparsi con tutte le proprie forze alla Bellezza per non annegare... laddove la Bellezza non è mera apparenza od esteriorità, è il bagliore del 'divino' insito in ognuno di noi quando si fa strumento e 'voce' dell'Anima, del Dolore elevato a strumento di Conoscenza e veicolo per riconoscere e conquistare la Gioia. Sapere chi si è e non dimenticarlo mai. Si soffre ogni volta che si vive la vita di qualcun altro, convincendosi che sia la propria.

"Au revoir les enfants s'inspire du souvenir le plus dramatique de mon enfance. En 1944, j'avais 11 ans et étais pensionnaire dans un collège catholique, près de fontainebleau. L'un de mes camarades, arrivé au début de l'année, m'intriguait beaucoup. Il était différent, secret. J'ai commencé à le connaître, à l'aimer quand, un matin, notre petit monde s'est écroulé. Ce matin 1944 a peut être décidé ma vocation de cinéaste. C'est ma fidélité, ma référence. J'aurais dû en faire le sujet de mon premier film, mais j'hésitais, j'attendais. Le temps a passé, le souvenir est devenu plus aigu, plus présent. L'an dernier, aprés dix ans aux Etats Unis, j'ai senti que le moment était venu et j'ai écrit le scénario d'Au revoir les enfants. L'imagination s'est servi de la mémoire comme d'un tremplin, j'ai réinventé le passé, au-delà de la reconstitution historique, à la poursuite d'une vérité à la fois lancinante et intemporelle. A travers le regard de ce petit garçon qui me ressemble, j'ai essayé de retrouver cette première amitié, la plus forte, brusquement détruite, et la découverte du monde absurde des adultes, avec sa violence et ses préjugés. 1944 est loin, mais je sais qu'un adolescent d'aujourd'hui peut partager mon émotion".

Louis Malle

Amerò e rispetterò sempre con tutta me stessa chi riesce a custodire dentro di sé sentimenti così intensi e veri e a questi consacrare la propria vita e i frutti che seminerà nel mondo. Vorrei non avere tanta paura di fare altrettanto.

"-Che giorno è oggi?
- 17 Gennaio. Giovedì.
- Ti rendi conto che non ci sarà mai più un 17 gennaio 1944? Eh? Mai. Mai più. E fra quarant'anni la metà di questa gente sarà morta e sepolta.
- Dai, vieni.
- Ma ci sono solo io che penso alla morte, in questo collegio? E' incredibile!".


YUKI, AKA PRISMA

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Soundtrack: Franz Schubert - Moment Musical No. 2


9.1.12

L. S. D. - La Sua Dote...




...è di farsi coraggio!

Torno, dopo poco tempo, ad occuparmi di serie americane, soffermandomi di nuovo su un singolo episodio che ritengo significativo, soprattutto per me. La serie in questione è Fringe, autore il prolifico creatore di Alias e Lost, per citare le sue due creature più famose. In questa serie più recente J.J. Abrams fa convergere tutte le sue più grandi passioni, lo spionaggio, le guerre tra due mondi, la scienza, le missioni quasi 'impossibili', gli esperimenti fantascientifici che travalicano i confini etici, il gusto per l'orrorifico e il disgustoso, le trame contorte, la psicologia e lo scavo nelle paure più profonde di ogni essere umano, spesso legate all'infanzia e ai legami primari, e si diverte come un pazzo a smantellare le certezze dei suoi personaggi e, di riflesso, quelle degli spettatori.

Il personaggio di Oliva Dunham mi ha sempre affascinato. Intelligente, abile e coraggiosa, nonostante le sue insicurezze le impediscano di realizzarsi a pieno. Nell'episodio 19 della terza serie ci ritroviamo catapultati all'interno della sua coscienza - più del solito siamo chiamati ad attivare la sospensione dell'incredulità e a 'sposare' le regole del mondo abramsiano -, dove Walter e Peter Bishop, padre e figlio operativi all'interno della sezione "Fringe" dell'FBI del nostro mondo, insieme alla coscienza del defunto William Bell trapiantatasi nel corpo di Olivia, sono alla ricerca della rappresentazione mentale della giovane donna che, sconvolta dalla presenza, dentro di sé, di qualcosa di estraneo, è andata a nascondersi in chissà quale luogo del suo cervello per non essere sopraffatta dai continui attacchi di presenze nemiche che attentano alla sua vita.

Ad un certo punto del 'viaggio', favorito dall'assunzione di L.S.D. e da appositi marchingegni creati da Walter Bishop nel suo laboratorio di Harvard, i protagonisti si trasformano in cartoon, con un divertente quanto strano effetto visivo che mi ha ricordato quando, ai tempi dell'università, il mio professore di Storia del Cinema ci mostrò la cervellotica e affascinante creazione di Richard Linklater, Waking Life, in cui le immagini filmate con attori veri erano state ridisegnate grazie alla tecnica della rotoscope animation.

Al di là di americanate varie, esagerazioni che puntano a stupire forzando ogni logica - e che a me piaccono molto, beninteso! - e la consapevolezza che potremmo ritrovarci alla fine - come in Lost - con un pugno di mosche in mano, ciò che mi è sempre piaciuto dei lavori di Abrams è il forte radicamento psicologico delle azioni che innescano la trama. La scena che più mi ha colpito, nella sua - forse per alcuni scontata - semplicità, è la seconda* che vi vado a mostrare, dopo la prima che è invece necessaria per comprenderne meglio lo svolgimento. Purtroppo ho trovato soltanto la versione in lingua originale, ma non dubito che, chi sarà interessato, non avrà problemi a trovare quella tradotta in italiano.

Vi basti sapere che in quella 'bambina' intrappolata all'interno della propria coscienza, in fuga dalle sue stesse paure, che finalmente trova il coraggio di affrontarle a viso aperto e ordinar loro di fermarsi e, così facendo, diventa adulta, non ho potuto non ricoscermi, o meglio, riconoscere l'unico processo che potrà portarmi a rimuovere quegli odiati blocchi interiori che mi buttano spesso a terra e mi impediscono di fluire, rinnovando antiche sofferenze e 'ridisegnando' il mondo intorno a me in tinte fosche e minacciose, trasformando gli 'altri' in pericolosi nemici pronti ad annientarmi, metaforicamente parlando.

Le parole conclusive di William Bell, o meglio, della sua coscienza, me ne danno la conferma:

"Dovevi essere al sicuro nella tua psiche, ma tu sei quella che sei. Non ti sei mai sentita al sicuro. Tu sei il tuo peggior nemico, Olivia. Hai sempre lasciato che le tue paure ti inghiottissero, ma le hai appena affrontate. Alla fine hai dimostrato la forza che io e Walter abbiamo sempre visto in te. Ora la vedi anche tu".


Fringe 3x19 Peter/Olivia "This is not you..."


Fringe 3x19 William/Olivia "Now you go back"



YUKI, AKA PRISMA

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SOUNDTRACK: Fringe - Opening Theme 80s Retro



* Questa scena, non posso non aggiungerlo, mi ha riportato alla mente la conclusione, efficacissima, del videoclip del brano Angel dei Massive Attack.

6.1.12

Influenza?




ed è un violento scroscio/
di pioggia e vento/
a portarmi via/
dopo Cassavetes/
e la sua donna/
sotto l'influenza


YUKI, AKA PRISMA

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