31.5.10

Balance

"Scrivere è una masturbazione pubblica continua. Nudo, puro e crudo, il buon scrittore non si censura né ammette censura, è libero da tabù, stili, religioni, spazi, tempi o patrie, li sposa tutti e nessuno. Asessuato, puttana e santo, crea il nuovo nel già creato, entra nel tronco e pensa da tronco, nel cane e piscia da cane, gode dove altri soffocherebbero, sente e vede dove altri oserebbero solo spiare dal buco della serratura."

Giovanna Mulas, 21 maggio 2010.

È tempo di riequilibrare quella bilancia a me tanto cara, di tornare presente a me stessa. Non ho vergogna, no, dei pensieri neri, degli esorcismi tradotti in parole. Lucida anche nella disperazione, ben consapevole dei limiti e dei pericoli insiti nello scrivere, mio e altrui. Non so se sono un "buon scrittore", né voglio definirmi tale. Non ancora, almeno. So solo che in me non muore l'esigenza di raccontare qualcosa che al momento non posso controllare. Non è in me che non ho pace, ma in quell'heavy cross to bear che il destino o chi per lui mi ha appioppato sulla schiena. Non sono certo la prima, né l'ultima sulla terra, non voglio sconti né illusioni. La mia è solo vita. Vita come tante. Ma guarderò questo dolore negli occhi, e non mi lascerò sopraffare. Perché non è colpa mia e perché non è da me arrendermi, anche se a volte sembra la non-scelta più comoda da fare.

Nel buio di parole cupe e malinconiche, il mio nucleo resta vivo e, anche se debole, pulsante. Il mio tendere verso l'altro, inteso come essere umano nella sua interezza fatta di anima e corpo, non ha niente a che vedere col dolore, con la richiesta di aiuto. La vita mi ha insegnato che chi rompe paga e i cocci sono suoi. I momenti di dolore offuscano a tratti le persone che siamo, ma l'affetto, la stima, la gratitudine che proviamo per chi ci ha dato qualcosa, a volte senza nemmeno saperlo, non sono per questo meno veri, meno sentiti, meno sinceri.

Io sono ciò che scrivo. Ma sono anche e soprattutto ciò che vivo, e che non sempre è scritto. Complessità tra altre complessità, a volte inopportuna, a volte impulsiva, a volte sognatrice, a volte invadente.

Spogliarsi dell'aura fantasmatica che per protezione ci si è costruiti addosso negli anni non è mai facile, si può anche essere fraintesi. Ma è un percorso inevitabile per chi preferisce camminare a testa alta, senza più niente da nascondere. Si tratta solo di azzeccare i tempi. E su questo ho ancora molto da imparare.

YUKI, AKA PRISMA TBFKA MUSEUM

Soundtrack: Get The Balance Right - Depeche Mode




There's more besides joyrides
Little house in the countryside

Understand, learn to demand

Compromise, and sometimes lie


Get the balance right

Get the balance right


Be responsible, respectable

Stable but gullible

Concerned and caring

Help the helpless

But always remain

Ultimately selfish


Get the balance right

Get the balance right


You think you've got a hold of it all

You haven't got a hold at all

When you reach the top

Get ready to drop

Prepare yourself for the fall

It's almost predictable


Don't turn this way

Don't turn that way

Straight down the middle until next Thursday

First to the left

Back to the right

Twist and turn until you got it right

Get the balance right

29.5.10

Nunc(a) Más (Cella 2-1-1)

Dall'interno della mia cella tre metri per due, riflettevo su solitudine, incomunicabilità e moltiplicazione delle identità. Nonostante i miei sforzi di unificazione delle mie molteplici ramificazioni corporee e incorporee, permaneva una certa disarmonia, amplificata dalle infinitesimali proiezioni di tutte le mie vite, passate e future, sospese nel limbo tra il possibile e l'immaginabile. Pura probabilità, che rendeva ancor più misteriosa ed enigmatica questa eterna soggettiva, incastonata nell'anedonia di un immobile hic et nunc, che sinceramente iniziava a stancarmi.

YUKI, AKA PRISMA TBFKA MUSEUM

"Chi era di ritorno da se stesso, dalla solitudine assoluta che significa non fare assegnamento neppure sulla compagnia di se stesso, essere obbligato ad entrare in un cinematografo, in un postribolo o nella casa degli amici, in una professione assorbente o nel matrimonio per trovarsi almeno solo-fra-gli-altri? Così, paradossalmente, il colmo di solitudine portava al colmo di gregarismo, alla grande illusione della compagnia altrui, all'uomo solo nella sala degli specchi e delle eco. Ma persone come lui e tante altre, che accettavano se stessi (o che si rifiutavano, ma conoscendosi da vicino) entravano nel paradosso peggiore, quello di trovarsi forse alle soglie dell'alterità e di non poterle varcare. La vera alterità fatta di delicati contatti, di meravigliosi accomodamenti con il mondo, non poteva realizzarsi con un solo termine, alla mano tesa doveva corrispondere un'altra mano da fuori, dall'altro". (-62)

Julio Cortázar, "Il Gioco Del Mondo".

Mattia

...e in silenzio, come il Mattia Pascal, inscenai il mio stesso funerale, cambiai città, identità e persino i connotati. Presi il primo volo, destinazione Vita, la sensazione di Futuro a scorrermi di nuovo tra le dita...

YUKI, AKA PRISMA TBFKA MUSEUM

28.5.10

Tabula Rasa.

La sensazione di aver perso troppi treni, di non avere più niente tra le mani. A ottobre compirò 30 anni. Quasi metà della mia vita, statisticamente parlando. Un tempo enorme. Fuochi d'artificio esplodono senza ragione, rintocchi d'anima dilaniata anelano abbracci nucleari irraggiungibili.
Tutto cambia, ogni certezza si dissolve in un tramonto senza fine. Niente riesce a togliermi quest'intima sensazione di Vuoto che divora. Nemmeno tu, che nei sogni ormai non mi abbracci più. Calore, speranza, sensazioni che diradano se stesse nel suono dolce e straziato del pianoforte di cui il mio talento venne privato. Una stanza chiusa a chiave, che di colpo non era più mia, sterile prigione di un matrimonio fallito. Mai più riuscii a toccare quei tasti. Morì con voi anche la mia musica acerba, quel mio rozzo talento da eterna principiante, che caratterizza da sempre ogni cosa che faccio.
Approssimazione, blanda incoscienza. Nessuna forma concreta ai miei desideri. L'ossessione del controllo di tutto ciò che posso controllare, spazzata via dall'imprevedibilità di reazioni irrazionali che non posso arginare. Niente va come lo avevo "programmato", niente resta di ciò che avevo seminato. Nessuno scoglio a cui aggrapparmi nel mare in tempesta, fuggiti ormai tutti i marinai, resto in balia dell'ennesimo uragano, a contare i secondi che separano il mio corpo dalla fine.

Davanti al bicchiere infranto dai bordi pericolosamente aguzzi restano ormai due sole alternative. Morire di sete o insaporire il vino col mio sangue.


YUKI, AKA PRISMA TBFKA MUSEUM

Soul Rapers

La mia famiglia mi ha stuprato l'anima ed io gliel'ho lasciato fare.
Elefantiaca, incapace di muoversi, la mia forza di volontà è un pallido ricordo.
Il grigio plumbeo del cielo che gravita su Roma è un blando ritratto di ciò che resta dei miei pensieri.
Rimetto tutto in questione, financo quell'unione che doveva esser stata d'amore e non era invece che la somma di due egoismi. Due cancrene, irrimediabilmente malate, il cui frutto non poteva che essere uno scherzo del destino.

Spergiura, rantola odio che sembra rabbia. E invece è soltanto debole disperazione. Ultimo anelito di un corpo sventrato che si aggrappa inutilmente alla vita.
Non ho pudore, no, né dignità. Non mi resta più niente.
Solo il Silenzio. In cui mi stendo ancora una volta a respirare il gelido candore del pavimento.


YUKI, AKA PRISMA TBFKA MUSEUM

26.5.10

Il Bombarolo Dell'Anima (o del quieto vivere)



Il tabù del dolore. Il tabù della debolezza. Il tabù del quieto vivere.

Oltrepassato un certo limite, persino questo perde d'importanza. C'è dignità anche nel soffrire. Io, che detesto lamentarmi e crogiolarmi nella sofferenza. Io, quella forte, quella tutta d'un pezzo, quella che ha affrontato le difficoltà e che adesso è stanca e sente la necessità fisica di esternare. Per liberarsi, non certo per farsi compatire da chicchessìa.

Tieniteli per te certi sfoghi, perché pubblicarli?

Perché tenere gli scritti per sé sarebbe come parlare da soli, e non ci sarebbe esorcismo. L'esorcismo è tale in presenza di un pubblico. O, almeno, la sola idea di un pubblico che assiste è forse capace di gabbare l'inconscio e dargli l'illusione di una qualche forma di liberazione.
Non devo rendere conto a nessuno di ciò che scrivo. Già. Vallo a dire alla mia coscienza, che finisce sempre per scusarsi per la sua incontinenza.

Ogni nuovo mattino è una sfida. Ogni minuto, ogni ora, sgocciola lenta in un bicchiere polveroso. Storci la bocca, lettore? Ti ripugna la mia malinconia? Buon per te, non sei ancora a questo punto. Non procedere oltre. Non voglio intristirti col canto della mia agonia.

Non conosci la vergogna, non hai un minimo di pudore?

Nossignore. Io, che nei sogni, ho l'ardire di chiamarmi scrittore.

"...c'è chi aspetta la pioggia per non piangere da solo,
io son d'un altro avviso, son bombarolo!"

YUKI, AKA PRISMA TBFKA MUSEUM

Soundtrack: Il Bombarolo - Fabrizio De André


Delle Pareti Bianche


Delle Pareti Bianche (e di tutto ciò che non è più mio, e forse non lo è mai stato)


Erano giorni di paura e disincanto, di spoliazioni interiori e rivelazioni improvvise, dettate da puro istinto e sindrome da sincronicità inconsulta. Le emozioni viravano veloci, al ritmo martellante dei trapani degli operai che ristrutturavano il convitto di suore, al suono dei tasti sotto le sue dita, solo blandamente distratte dalla musica pop di una radio che non aveva scelto. Le pareti lentamente si trasformavano nello specchio della sua devastazione interiore. Più anelava al volo, più le zavorre la incatenavano a se stessa e al suo passato.

YUKI, AKA PRISMA TBFKA MUSEUM

Foto di Katherine Du Tiel, "The White Room 2"

25.5.10

La Possibilità Di Un'Isola



Frenetico e impellente il bisogno di incontri, sguardi, sorrisi. Abbracci veri.
Eppure continuavamo a ostinarci tutti nelle nostre solitudini virtuali, nelle nostre interconnessioni fatte di pixel e pensieri esternati con incoscienza o forse no ad un ipotetico villaggio globale che accelerava in maniera sorprendente i quantistici meccanismi della sincronicità e delle particelle elementari.

Emozioni reali, sì. Slanci sinceramente incontestabili, certo. Ma continuava a mancarmi un pezzo, rimasto incastonato tra lo schermo e la vita.

YUKI, AKA PRISMA TBFKA MUSEUM

"Io sono solo un neoumano e la mia natura non include alcuna possibilità di quest'ordine. Che l'amore incondizionato sia il presupposto che rende possibile la felicità, gli umani lo sapevano già, perlomeno i più progrediti tra loro. La piena comprensione del problema non ha permesso, finora, di avanzare verso una soluzione qualsiasi. Lo studio delle biografie dei santi, su cui alcuni riponevano tanta speranza, non ha portato alcuna luce. Non solo i santi, in cerca della propria salvezza, obbedivano a motivazioni che erano solo parzialmente altruistiche (benché la sottomissione alla volontà del Signore, che essi vantavano, non deve essere stata assai spesso che un mezzo comodo per giustificare agli occhi degli altri il loro altruismo naturale), ma la credenza prolungata in un'entità divina manifestamente assente provocava in loro fenomeni di abbrutimento incompatibili a lungo termine con il mantenimento di una civiltà tecnologica. Quanto all'ipotesi di un gene dell'altruismo, essa ha suscitato tante di quelle delusioni che nessuno osa oggi parlarne apertamente. Si è certo potuto dimostrare che i centri della crudeltà, del giudizio morale e dell'altruismo erano situati nella corteccia prefrontale; ma le ricerche non hanno consentito di andare al di là di questa constatazione puramente anatomica. Dall'apparizione dei neoumani, la tesi dell'origine genetica dei sentimenti morali ha prodotto almeno tremila comunicazioni, provenienti ogni volta dagli ambienti scientifici più accreditati; finora nessuna è riuscita a superare l'ostacolo della verifica sperimentale. Inoltre, le teorie di ispirazione darwiniana che spiegano le apparizioni dell'altruismo nelle popolazioni animali con un vantaggio selettivo che ne risulterebbe per l'insieme del gruppo sono state oggetto di calcoli imprecisi, molteplici, contraddittori, prima di sprofondare nella confusione e nell'oblio.

La bontà, la compassione, la fedeltà, l'altruismo rimangono dunque accanto a noi come misteri impenetrabili, racchiusi tuttavia nello spazio limitato della realtà corporea di un cane. Dalla soluzione di questo problema dipende l'avvento, o no, dei Futuri.

Io credo nell'avvento dei Futuri."

DANIEL 24,6

Michel Houellebecq, "La Possibilità Di Un'Isola".

23.5.10

Il Sole Esiste Per Tutti



"Ti fermo alle luci al tramonto e ti guardo negli occhi E ti vedo morire
Ti fermo all’inferno e mi perdo perché Non ti lasci salvare da me
Nego i ricordi peggiori Richiamo i migliori pensieri
Vorrei ricordassi tra i drammi più brutti Che il sole esiste per tutti
Esiste per tutti Esiste per tutti"


Nell'estasi di un cambiamento ritrovato, il corpo cede, per la morte programmato. Ritrovare un brivido nell'oscuro fremito di un pericoloso incantesimo, la libertà è una corsa in salita, da conquistare al millesimo. Dolore intenso, che da psicologico diventa fisico. Il corpo crolla, pesante sacco vuoto... Cedono le gambe e il respiro si fa corto. Soltanto un morto è già risorto! Eppure l'anima reca ancora in sé tutti i segni delle sue innumerevoli morti simboliche. Fasi critiche. Che si ripetono, cicliche.

Perdere l'uso del proprio corpo proprio mentre si desiderava abbandonarlo non è affatto un caso. Essere fermati durante un ritrovato slancio può essere frustrante, se non si è abituati. Eppure versate tutte le mie lacrime, lanciata ogni imprecazione, che non diresti mai, guardandomi, ch'io possa anche solo averla pensata, rinasce in me la tigre addormentata. Digrigna i denti, mentre vorrebbe soltanto essere accarezzata.

Di colpo il fragore si fa silenzio e le emozioni negate riprendono il loro corso. Se smetti di dubitare, puoi ricominciare ad amare... E la bambina capricciosa che in silenzio reclamava attenzioni, ritrova di nuovo la pace e il sorriso nella sicurezza degli affetti che non muoiono, anche quando smettono di mandare segnali.

Dolce perdermi in questo abbraccio ideale, fatto da più e più mani.
Una rete invisibile agli occhi, di cui non voglio più dubitare.


YUKI, AKA PRISMA TBFKA MUSEUM

21.5.10

Requiem For A Soul




Ogni riferimento a fatti realmente accaduti
e/o a persone realmente esistenti
è da ritenersi puramente casuale

Frammenti di me.
Non resta più niente.

Mi stendo sulla sabbia così come sono, una busta per cuscino. Cerco nel sole il calore che ho perso. A niente serve l'aspirina, la testa è troppo pesante. Continua a pulsare.

Non è Amore a farmi penare, ma una tragedia più grande. Annunciata.

Non voglio fiori al funerale della mia anima, incapace di sbocciare. Soltanto Musica, cara compagna dei giorni difficili. Tanti. Troppi da sopportare senza le necessarie distrazioni. Mi dispiace, non è colpa di Nessuno. Ma se Nessuno fosse il nome, vorrei non averlo mai incontrato.

Il vento si leva con violenza, sbattendomi in faccia raffiche di sabbia con veemenza. Nemmeno qui posso stare in pace! Cedo. Le braccia molli, lungo il corpo. La testa, reclinata da un lato. Come se dormissi. Sarebbe bello finirla qui, sulla riva del Mare. Del mio Mare. Cullata dalla risacca, il vento a scompigliarmi i capelli. Il sole a riscaldare ciò che resta del mio involucro, di carne e sangue. Sarebbe così semplice. Chiudere gli occhi e sognare un'altra Vita. Finire in silenzio. Con dignità. La Musica si spegne lentamente, ed io con Lei.

Poco prima, sul pontiletto di legno, mi sono sentita fuori posto tra i pescatori. Avanzavo sulle assi di legno con lentezza e rassegnazione, gli occhi un po' persi, liberi dagli occhiali. Il mare, ora, ha un altro colore. A tratti è di un blu così intenso che pare smeraldo. Tra gli scogli accatastati i riflessi del sole sull'acqua sono cerchietti luminosi brulicanti. Li fisso a lungo, fino a che non torno di nuovo preda di pensieri orribili. Reali. Angoscianti.




YUKI, AKA PRISMA TBFKA MUSEUM

Soundtrack: Condemnation - Depeche Mode

Condemnation
Tried
Here on the stand
With the book in my hand
And truth on my side

Accusations
Lies
Hand me my sentence
I'll show no repentance
I'll suffer with pride

If for honesty
You want apologies
I don't sympathize
If for kindness
You substitute blindness
Please open your eyes

Condemnation
Why
Because my duty
Was always to beauty
And that was my crime

Feel elation
High
To know I can trust this
Fix of injustice
Time after time

If you see purity
As immaturity
Well it's no surprise
If for kindness
You substitute blindness
Please open your eyes

...

A tutto posso resistere.
Tranne che al vuoto.

Il distacco.
La freddezza.
L'incostanza.

Sono cose che mi ripugnano.
Mi fanno sentire ancora più gelida di quanto non sia già.

Meglio Niente.
Che ricevere, per poi vederselo negato.
All'improvviso.
Senza una spiegazione.

Colpa mia.
Again.

Non si dovrebbe mangiare tutto d'un fiato, quando si ha troppa fame.


YUKI, AKA PRISMA TBFKA MUSEUM

20.5.10

Una Carezza - Reloaded





Erano davvero poche le cose a tenermi ancora in vita.
Mi aggrappavo a loro con tutte le mie forze,
ma in certi giorni persino quelle venivano meno...


E' tutto inutile.
Spiegare. Raccontare. Reagire. Contenersi.
Le urla. Il silenzio.
Barcamenarsi. Industriarsi. Cadere. Rialzarsi.
Fermarsi e Ricominciare.
E' tutto inutile.

L'amaro veleno dell'impotenza mi divora l'anima. Un cancro silenzioso che presto o tardi diventerà reale. Sto male. Ma non esce più un grido.
Che succede? E' sempre a causa sua?

No. Non è a causa sua. E' a causa mia.
In cuor mio sapevo che sarei dovuta fuggire via subito, e non restare, illudendomi che fosse tutto finito. Passato. Archiviato.

Mi odio. E a questo non c'è rimedio.
La razionalità va a farsi fottere.
E' tutto irrazionale. Tutto.
Ed io non riesco più a muovere un passo.

Sono in trappola.















YUKI, AKA PRISMA TBFKA MUSEUM

Soundtrack: One Caress - Depeche Mode


Note in margine a una tovaglia - 12/05/2010:

Fino a una certa soglia il dolore è necessario, quasi indispensabile. Ci ricorda che esistiamo, ci fa sentire vivi. Superato un certo grado di intensità, quando si raggiunge o si sta per raggiungere il cosiddetto punto di non ritorno, non si desidera altro che quel dolore cessi, che si smetta di soffrire. Come si può dire, allora, che il suicidio è per i vigliacchi, per coloro che rinunciano alla vita perché incapaci di affrontarla? Anche io ho desiderato la morte, sapete? E chi mi conosce davvero sa che non sono certo una persona debole. Il punto di non ritorno. Se ci siete arrivati, sapete di cosa sto parlando. Conoscete bene la sensazione di incudine che schiaccia il corpo, fino a che la pressione ci chiude le narici per il troppo peso che grava sulla nostra testa, la sensazione di ossigeno che manca e si fa via via più raro. Il buio sopraggiunge, fino a impedirci, non solo di vedere, ma persino di pensare a una via di uscita. E, credetemi, c'è sempre una via di uscita. Quello che manca, a volte, è la capacità di vederla. E non è cosa da poco.
Banalità. Parole ovvie e scontate. Per voi, forse, che siete circondati, magari anche idealmente, dal calore di una famiglia, di un gruppo di amici. Ma non per gli altri. Quelli che la vita ha spinto in un angolo fino a che il dolore, per mutazione genetica, adattamento pro sopravvivenza, non ha prodotto un sistema di sicurezza che ha finito per isolare chi doveva proteggere dal resto del mondo: quando l'eccesso di protezione diventa pericoloso isolamento.
E anche se ti chiedessero come stai, cosa c'è che non va, ti troveresti a muovere le labbra a vuoto, incapace di formulare un pensiero concreto. Come in un brutto sogno, dal quale non riesci a svegliarti.

18.5.10

Origami



Lo stai facendo di nuovo. Li stai cacciando via tutti. Dentro, il deserto dei giorni vuoti, uguali a se stessi, che recano in dote goccia dopo goccia la sottile devastazione interiore che non riesci a debellare. Dove sono finite le delizie melanconiche degli archi, la dolce elevazione gioiosa e spirituale dei legni, l'allegra baldanza degli ottoni, il potente incedere delle percussioni? Dove sono la gioia e il tormento, la silenziosa commozione e la pacata delizia che dalle orecchie attraversa l'anima e fa scalpitare il cuore? Tutto sfuma, nell'insipida portata di un pasto da troppi anni uguale a se stesso.

Rifugge la realtà, la sposa bistrattata. Sogna il suo riscatto, dà un nome all'Amore che avviluppa le cicatrici per farne sbocciare Felicità e Speranza. Cosa le dirò, quando aprirà gli occhi davanti al Vuoto? Cosa mi dirò, quando la vedrò ripiegarsi come uno sgraziato origami? Quale nuova Realtà sostituirà alla sua, che non avrà funzionato? Chi di noi sarà l'inevitabile pedina del suo disegno tenero e crudele? Vorrei non esserci, quando questo accadrà. Perché accadrà, da questo non si sfugge.

La mente umana è un oscuro mistero. Trasforma il dolore come può e, nel farlo, travolge ogni ostacolo. Compresa se stessa.

"Da allora più d’uno si sarà chiesto che cosa nascondesse quella strana apparizione di poesia, nata su nessun terreno di cultura, eppure precisa nei suoi lineamenti estremamente raffinati e personali. C’è il mistero delle anime più semplici, c’è la grazia, il rapimento estremo, il dolore di fanciulla, c’è l’oscuro interrogarsi del sangue, l’estasi, espressi in modi violenti e sicuri che possono far pensare al linguaggio dei mistici in amore...”.

Dal risvolto di copertina della prima raccolta di poesie di Alda Merini,
"La Presenza di Orfeo", 1953.

YUKI, AKA PRISMA TBFKA MUSEUM

Un ringraziamento speciale va all'iniziativa "L'Opera a Teatro" a cura del Teatro dell'Opera di Roma, nata a sostegno della Musica che, a causa dei pesanti tagli e del calo della richiesta da parte del pubblico, è sempre più a rischio nel nostro paese.
Grazie a Barbara Agostinelli, Paolo Finotti e Andrea Bergamelli, eccellente trio d'archi che ha saputo catturarmi ed emozionarmi, a dispetto della mia ignoranza musicale.
Grazie alla Giovane Orchestra dell'Opera di Roma e al Maestro e Direttore Germano Neri, per avermi iniziato alle gioie della musica operistica e sinfonica, sapendone raccontare le basi con parole semplici e accessibili a tutti.
Non è vero che le persone non sanno scegliere l'Arte. Questo piccolo esempio è la dimostrazione che, se adeguatamente stimolato e "stuzzicato", il pubblico è perfettamente in grado di scegliere. Continuate così!


Soundtrack: Intermezzo da Cavalleria Rusticana - Mascagni - Berliner Philharmoniker, Herbert von Karajan.



13.5.10

Bambino



E d'improvviso mi coglie come una specie di febbre. Una febbre profonda, inspiegabile, infinita. Una febbre dell'anima che non posso evitare. Ritrovo pace nei tuoi occhi di bambino, sulle tue guance delicate, scorrendoti le dita tra i capelli, ansimando lieve, il viso premuto contro il tuo petto. In silenzio avvolgi la mia oscurità col tuo mantello di luce, e non ti accorgi dell'immenso potere che ti pervade. Uniti ci scambiamo l'abisso, un demone alla volta.

La tua dolcezza mi disarma. Quel tuo non comprendere quanto sei speciale, e importante per me. Il tuo sentirti piccolo e insignificante, che mi fa tanto arrabbiare. Ti prenderei persino a schiaffi quando ti svaluti, paragonandoti ad altri, che ai tuoi occhi appaiono molto più belli e acculturati di te. A niente valgono le mie parole! Sciocco angelo, per metà uomo e per metà bambino! Ancora fingi, per gioco, di non sapere che a niente valgono per me la cultura, la bellezza, il denaro e un impiego prestigioso se non c'è l'Amore. So bene che se così non fosse non mi avresti mai "scelta". So ancor più bene che ami sentirtelo ripetere, ancora e ancora, perché l'ingiusto confronto che imponi a te stesso a volte ti fa vacillare.

Ma io sono qui, e non me ne vado. Nei tuoi occhi di bambino mi incanto e mi perdo. E stranamente mi innamoro del tuo io di ieri, quello che non avrei mai potuto incontrare, io, che allora non ero nemmeno nata. I nostri sorrisi, immortalati in luoghi e tempi diversi, sono sorprendentemente simili. Il loro candore, la loro purezza, la loro innocenza priva di ombre mi fanno trasalire. Non è un caso se ci siamo incontrati. E se siamo ancora qui, dopo tanto dolore di cui non abbiamo colpe.

Mi manchi quando non ci sei, e la tua mancanza, in certi giorni così mi fa paura. Come se potessi perderti da un momento all'altro. Ed io perdermi, nello stesso, medesimo istante.




YUKI, AKA PRISMA TBFKA MUSEUM

Soundtrack: Somebody - Depeche Mode

I want somebody to share
Share the rest of my life
Share my innermost thoughts
Know my intimate details

Someone who'll stand by my side
And give me support
And in return
She'll get my support

She will listen to me
When I want to speak
About the world we live in
And life in general
Though my views may be wrong

They may even be perverted
She will hear me out
And won't easily be converted
To my way of thinking
In fact she'll often disagree
But at the end of it all
She will understand me

I want somebody who cares
For me passionately
With every thought and with
Every breath
Someone who'll help me see things
In a different light
All the things I detect
I will almost like

I don't want to be tied
To anyone's strings
I'm carefully trying to steer clear
Of those things
But when I'm asleep
I want somebody
Who will put their arms around me
And kiss me tenderly
Though things like this
Make me sick
In a case like this
I'll get away with it

7.5.10

Durven



La vita è là, che scorre, lontano da me. La guardo passare.
Va', raggiungila! Cosa aspetti?
Resto immobile, in una fissità astratta. Mi attrae e mi blocca un'insopprimibile grazia.
Pallida, incapace di muovere un passo, con l'anima in tumulto. Una corsa sul posto. Una lunga attesa, un ozio consapevole, che incamera sapere, che intreccia invisibili collegamenti, legami di anime e pensiero. Il tempo è qui, ora. È il presente. Ma sono proiettata al futuro. Potrei morire adesso, aspettando.

Respiro. Non è di ossigeno che ho bisogno.
Che vita strana, faccio. Un'incubatrice, di sogni e passioni. Di là da venire. Riscoprire giorno per giorno debolezze e virtù, e sono ancora lacrime per quello che fu. Niente, niente, niente, di tutto questo sarà inutile. Lo so, lo voglio, lo sento. Se solo potesse parlare soltanto l'istinto! Se solo tacesse, per un attimo, la ragione! Se penso, mi inchioda il terrore. Se taccio, se vivo, è armonia. Universo che mi scivola via.

Come si fa a credere in me? Com'è possibile?
Sono stata, sono, sarò all'altezza?
Vento, sferzami ancora le guance, falle vibrare. Lascia che un ricciolo mi ricada sugli occhi. Lascia che il pensiero scorra libero da impedimenti. Dammi l'ispirazione, fammi creare! Ho tanto, tanto, e tanto ancora da dare... Lascia che il dolore si trasformi in concime. Io devo, voglio, posso comunicare! Solo questo desidero. Da sempre. Ogni passo, ogni tentennamento, ogni rivolgimento interiore, ogni allontanamento dal mondo, ogni rincorsa, ogni carezza, ogni lacrima. Tutto deve portare a questo. Lo so, lo sento, lo voglio.

Non chiedo altro.
A me, a me soltanto lo chiedo.

Io, dammi la forza! Dammi ancora un po' di coraggio...

YUKI, AKA PRISMA TBFKA MUSEUM

Soundtrack: Oceano Di Silenzio - Franco Battiato

Un Oceano di Silenzio scorre lento
senza centro né principio
cosa avrei visto del mondo
senza questa luce che illumina
i miei pensieri neri.
(Der Schmerz, der Stillstand des Lebens
Lassen die Zeit zu lang erscheinen)
Quanta pace trova l'anima dentro
scorre lento il tempo di altre leggi
di un'altra dimensione
e scendo dentro un Oceano di Silenzio
sempre in calma.
(Und mir scheint fast
Dass eine dunkle Erinnerung mir sagt
Ich hatte in fernen Zeiten
Dort oben oder in Wasser gelebt)


6.5.10

Abba Ruja



ho sputato sulla famiglia e sul mio nome
solcato mari ignari, lanciato scaglie di me
lamentato solitudine, percepito scoramento

mi accoccolo in me
in una fissità astratta
povera anima,
distratta

YUKI, AKA PRISMA TBFKA MUSEUM

Soundtrack: My Land Is Burning - Andy Partridge



Dignità. Passione. Coraggio.
Non conoscevo questa scrittrice.
Leggere la sua lettera, oggi, mi ha commosso.
E mi ha ricordato chi sono.
Chi voglio essere.
Grazie.

"E io scrivo: quando la dignita' e' scambiata per masturbazione mentale"

di Giovanna Mulas

In questi giorni c'e' stato chi mi ha scritto che avrei fatto prima e bene a farmi soldi sul marciapiedi, per guadagnare in proporzione alla mia valenza fisica.
E' interessante vedere come, socialmente parlando, dal 2003 - quando cioe', quasi come provocazione, e' stato richiesto a mio favore il sussidio della Legge Bacchelli- ad oggi, l' Italia della cultura o pseudo tale si sia letteralmente spaccata in due. Ne parlavo proprio questa mattina con mio marito ( a proposito...anche lui, poeta e giornalista noto in America latina, che ha deciso di vivere e morire della propria arte) , di quest' Italietta indecisa, a volte meschina: da una parte i Poetucoli del Nulla, gli apparenti superficiali nichilisti che scagliano pietre come mangiano spaghetti senza assolutamente conoscere le altrui realta', dure o meno dure che siano, quelli che si definiscono scrittori ma vivrebbero benissimo anche senza una penna in casa. Dall' altra parte troviamo gli umili, i piu' grandi, che non giudicano ma rispettano. Ed il rispetto, amici miei, mai deve mancare nell' Arte; che tutti ci accomuna in liberta'.

Un punto che mi preme precisare: non amo girarmi i pollici cercando l' illuminazione letteraria che non sempre, e' lapalissiano, arriva. Do costantemente lezioni di scrittura nella mia realta' locale e quelle vicine agli autori che giudico promettenti talenti, seppure timorosi di esporsi. Non amo chiedere una quota fissa. Ognuno e' libero di pagarmi come crede, anche con una bottiglia di olio o di vino rosso, quello buono, che solo qui in Ogliastra abbiamo. Pure il Cabernet, pero', l'accetto bene. Vari autori hanno frequentato i miei laboratori letterari ( un' antologia ne raccoglie i primi scritti, per i tipi dell' Editrice Universitaria UNIService) in modo assolutamente gratuito. Ho inventato con mio marito Dei Versi, la letteratura avvicinata alle genti piu' semplici; l' accademia che scende in piazza. Con Gabriel, una ballerina professionista e un cantautore chitarrista andiamo in giro per le piazze nazionali ed estere( chiariamo: a spese del comune che ci invita. Il Festival di Poesia dell' Havana eventualmente ci paga il biglietto, per garantirsi la presenza. Nulla da nascondere, signori.). Dirigo Isola Nera (in lingua italiana) ed Isola Niedda (in limba sarda), rivista di letteratura dove vengono pubblicati on line e a titolo gratuito, lo sottolineo, autori meritevoli di attenzione. La loro opera, non la mia, e' divulgata in tutto il mondo. Ed io, su questo, non guadagno niente se non il piacere di evidenziare eventuali nuovi talenti letterari nazionali. Attualmente stiamo lavorando con mio marito affinche' i format Isola Nera vengano patrocinati dalla Regione Sardegna e quindi pubblicati in cartaceo. Sarebbe una bella vittoria, per noi e soprattutto per quei giovani scrittori che avrebbero un' opportunita' in piu' per farsi notare da quel mondo cosi' complesso, lontano dalla realta' e fatto di bustarelle e ruoli mal ricoperti quale e' quello dell' editoria nazionale.

Tutto questo perche' si fa? Per incoscienza certo, ma soprattutto per passione verso quella che e' la propria vita, la scrittura. Quello che io scrivo, lo vivo. Coerenza tra parole e azione. Questo insegno prima ai miei figli, poi ai miei allievi. Infine voglio avere la presunzione di poterlo regalare ai miei lettori. E se di coraggio o incoscienza si tratta, beh, se qualche orecchio o occhio benpensante ho ferito, scusatemi. Lasciamolo dire a chi verra' dopo di noi, o al tempo: semplicemente il tempo parlera'.
Non ho scelto di fare la scrittrice e fare la vita magra per sofferenza intellettuale, masturbazione mentale. Io nasco scrittrice. E' la mia vita. Non esistebbe Giovanna Mulas donna, senza la sua scrittura.
Questo non significa che non mi abbia sporcato le mani lavorando davvero, come ha scritto il sapiente di turno. Ho lavorato lavando piatti nei ristoranti, cantando in locali per pubblico perso nella birra, recitando, disegnando magliette, facendo le assicurazioni e vendendo giornali e...e... . Pure ho avuto l'opportunita' di stabilirmi in pianta stabile a Roma, dove lavoravo come stilista emergente. Pensate che guadagni. Uff...non da poco eh, visto l'attuale panorama economico che mi riguarda. Ma trovavo la superficialita' di quel mondo schiacciante. Ho preferito tornare in Sardegna, nel mio mare, le mie genti. Soffrire questa scelta ma farla in maniera consapevole, coerente, soprattutto dignitosa.

Vivere della mia scrittura, dunque, e' stata una scelta. E perche' chi sceglie di vivere della propria arte, scrivere o cantare che sia facendone un vero e proprio lavoro; perche' non deve vederselo riconosciuto? Uno scrittore, per l' Italia, non esiste. Non produce dunque non lavora. Percio' io, come molti di voi, non siamo. O almeno questo, probabilmente, si vorrebbe da noi. Il pecora pensiero, il nichilismo allo stato puro in una nazione che paradossalmente ha fondato le proprie radici sull'arte, su scrittori, pittori, attori e cantanti che l' hanno fatta e ancora la fanno grande. Si potrebbe allungare l' elenco scivolando nella scienza dove menti illustri volano oltre l' oceano, per sfuggire ad un' Italia matrigna, e puttana. Ma questa e' un'altra storia.

Credo che arrivino momenti nella vita nei quali sia necessario fare una scelta, e prepararsi a vivere e morire di questa scelta. Con coerenza e dignita'. A trent'anni l' ho fatta: in un contesto ristretto come quello nuorese ho chiesto il divorzio dal padre dei miei figli, per violenza. Ho pagato la scelta con tre tentativi di omicidio, l'ultimo dei quali, per strangolamento ed accoltellamento, mi ha lasciata tra la vita e la morte.Ho pagato con l'indifferenza delle gente, le cattiverie da bar e quelle (sic!) delle donne che, donne, per prime avrebbero dovuto capire, non giudicare. Faccio notare al lettore che nel nuorese e provincia e' altissima la percentuale, in proporzione al resto d' Italia, di violenze alle donne tra le pareti domestiche. Altissima pure la percentuale di alcolismo tra donne. Eppure si tace. E si nasconde. E chi denuncia, come ho fatto io, viene giudicata una cattiva, una spostata. Ancora oggi, siore e siori. Senza una lira in tasca, a trent'anni anni e con il mio ex marito in giro per la citta' nonostante il tentato omicidio; presi i miei figli ( perche' ne ho fatti quattro, addirittura mi sono sentita chiedere. Perche' credevo fermamente come credo nella famiglia. Perche' la malattia mentale di mia madre mi ha lasciato nell' anima un solo desiderio, con radici nell' infanzia: quello della stabilita' emotiva, della sicurezza. E solo una famiglia che ami e ti ama, e' in grado di darti tale sicurezza. Figli voluti dunque. E non sta a nessuno giudicare se per incoscienza o troppo amore. La sicurezza, certezza, che ora ho con Gabriel al mio fianco.) e lasciai la casa che li aveva visti nascere, ma che non mi apparteneva.

Quanto sarebbe tutto stato piu' semplice, quanto dolore mi sarei risparmiata, mi sono detta spesso, se avessi scelto l'altra strada, quella del silenzio. Ma poi vedo e scrivo di donne con gli occhi spenti, il dolore e la frustrazione dipinti in faccia e mi dico no, devo scrivere anche per loro. Perche' scrivere e' un dono, sapete? E come tale va condiviso. Coltivato, carezzato con dolcezza e passione, costanza. Dignita' e purezza. Cosi' ho sempre difeso la mia arte. E cosi' faro' sempre.

Grazie.

Prof.ssa Giovanna Mulas

http://www.giovannamulas.it/home.html

Già che ci siete, leggetevi anche la lettera di Igiaba Scego al Presidente Napolitano. Un grande grazie a Dioniso per averla pubblicata sul suo blog.