28.3.09

L'Acqua E L'Assoluto



...e mentre mi dibatto tra quotidiane incombenze che non riesco a soddisfare e impreviste, familiari nostalgie, continui a pulsarmi nella testa come il minuscolo led di uno schermo dimenticato in stand by, che mi ostino a non voler spegnere.
Forte è la tentazione di accenderti di nuovo, di sondarti l'anima a colpi di pensieri sincronizzati, di aprirmi ai tuoi punti di vista inaspettati.

Colpo di spugna, riparto da zero. Il pensiero evapora. Ma l'acqua è sempre lì, la mia pelle l'assorbe e lei si rimette continuamente in circolo, senza pietà.
Mi manchi. Non come compagno di vita. Come compagno di sogni mai condivisi, di pulsioni creative lasciate morire, di visioni inconsuete del mondo, di letture da consigliare, di film da amare insieme, di musica da lasciarci entrare nelle viscere senza bisogno di parole.
Stimoli per crescere, insieme, a distanza, sulla via che porta all'Assoluto.
Così lontano e così difficile da raggiungere, è un bagliore che si rinnova, dentro di me, ogni volta che ti sento vicino, ogni volta che le vibrazioni tornano a farmi visita ed io non so spiegarmi perchè.

Soundtrack: Objects Of My Affection - Peter Bjorn & John

24.3.09

Lucid Dream



Sono rari i momenti in cui ti senti davvero protetta. La sala buia, gli altri spettatori che ancora non si sono alzati dalle poltroncine, i titoli di coda scorrono e una musica perfetta ti accompagna dolcemente al risveglio, al ritorno nella "vita reale".
Hai il viso umido, e un po' te ne vergogni. Goffamente tenti di nasconderti dietro una ciocca di capelli, ma non è abbastanza lunga e tu non puoi impedire alle emozioni di scorrerti liquide addosso. Ti stai trattenendo, non vuoi replicare i singhiozzi strazianti che accompagnarono, tanti anni fa, l'uscita dalla sala in cui proiettavano
Dancer In The Dark. Preghi Dio, o chi per lui, di permetterti un giorno con il tuo talento, semmai ne avessi uno, di riuscire a toccare in profondità le stesse corde, di parlare alle altre anime e instillare in loro la volontà di vivere nonostante le terribili esperienze che si è costretti ad affrontare.
Riuscire con la potenza di un racconto a far rinascere in chi ha perso le speranze la voglia di dare una possibilità a noi stessi e agli altri, nonostante l'incomunicabilità, i pregiudizi e le colpe di cui ci siamo macchiati in passato. Senza pietismo, false speranze e inutile buonismo. Si può essere cinicamente empatici, nonostante tutto. Sorridere a chi lo merita, e mostrare i denti a chi di noi non potrà mai capire niente.
Sorridi e pensi che proprio quella mattina, prima di svegliarti, avevi sognato tuo nonno. Così simile a Walt, senza fucile e senza insulti razzisti. Anche lui un uomo di guerra, capace di guastare le feste, settantenne, a un branco di bulletti insolenti. Un uomo di cui forse hai conosciuto solo poche, fuggevoli istantanee. Un uomo capace di abbracci poderosi, caldi e totalizzanti, che in sogno ti sono improvvisamente tornati in soccorso. Sono passati sei anni e non ti è mai mancato così tanto come oggi. Un uomo imperfetto, come tutti noi, un gigante ai tuoi occhi di bambina.
Chissà se riesci a sentirmi adesso, se senti i miei pensieri in una qualche forma che non mi è dato sapere...
Non importa. So che sei fiero di me, nonostante tutto. Inciamperò e cadrò ancora, ma fa parte del gioco, no?
Ti voglio bene, Nonno. Stavolta non avrò bisogno di tradurlo, so che ormai mi puoi capire.

Soundtrack: Gran Torino - Jamie Cullum

15.3.09

In Contemplazione Dell'Altrui Creazione


Ci sono giorni che la vita scorre senza troppi pensieri. Semplicemente l'azione prende il sopravvento sulla riflessione. Che non muore, sia chiaro, solo si mette di lato, in sottofondo, lasciandosi trasportare da gesti ripetitivi ma non per questo meno significativi.
È raro che cominci un libro senza averne finito un altro, eccetto i testi che studiavo all'università. Ed è ancor più raro che accantoni un libro senza ultimarlo fino all'ultima pagina. Eccezion fatta per Great Expectations in lingua originale, iniziato tanti anni orsono e mai finito per pigrizia personale nel maneggiare l'inglese dickensiano, se così si può chiamare.
Un libro che leggo piano piano, a piccole dosi, da mesi, è Il Libro Dell'Inquietudine di Pessoa, del quale avevo già parlato a novembre, mi pare. Parole malinconiche, spesso pesanti, che toccano in profondità e talora persino irritano, e che non riesco a leggere d'un fiato.
Poi, improvvisamente, arriva quella pagina che si stacca da tutte le altre e comincia, in te, a vivere di vita propria. E allora taci, non vuoi aggiungere nient'altro. Non potrai mai aggiungere nient'altro...
Quando le parole di qualcuno ti si incollano ai pori della pelle e la fanno respirare come se provenissero dal tuo stesso mondo interiore, ti fai da parte e le lasci parlare...

Chi abbia letto le altre pagine di questo libro si sarà forse convinto che io sia un sognatore. Costui si ricreda. Per essere un sognatore mi manca il denaro.
Le grandi malinconie, le tristezze piene di tedio non possono esistere se non in ambienti confortevoli e di sobrio lusso. Per questo Egeus di Edgar Allan Poe può restare ore ed ore in languida concentrazione in un antico castello avito ove, al di là della grande porta della sala in cui la vita languisce, invisibili maggiordomi amministrano la casa e il cibo.
I grandi sogni necessitano di certe condizioni sociali. Un giorno che, cullato dal dolente ritmo della mia prosa, mi venne in mente Chateaubriand, non tardai a pensare che io non ero né un visconte né un barone normanno. Un'altra volta che credetti di avvertire in ciò che avevo scritto una somiglianza con Rousseau, non tardai a riflettere sul fatto che, oltre a non aver avuto il privilegio di nascere nobile e castellano, non avevo neppure quello di essere svizzero e vagabondo.
Ma, dopotutto, c'è un universo anche in Rua dos Douradores. Anche qui Dio concede che non manchi l'enigma di vivere. E per questo, i sogni che riesco a estrarre fra le ruote e le tavole, poveri quasi come questo panorama di carri e di casse di legno, sono tuttavia quanto ho e quanto posso avere.
Altrove, senza dubbio, esistono i tramonti. Ma perfino da questo quarto piano sulla città si può pensare all'Infinito. Un infinito con magazzini sottostanti, è vero, ma con stelle all'orizzonte... È quanto mi viene alla mente in questo pomeriggio ultimo, presso questa alta finestra, nell'insoddisfazione del borghese che non sono e nella tristezza del poeta che non potrò mai essere.

Soundtrack: Valzer Per Un Amore - Fabrizio De Andrè



7.3.09

Perle


Ho già condiviso questo brano in questo spazio, ma come raramente capita per certe prime volte memorabili, succede invece che il miracolo si ripete ancora e ancora e ancora. Musica che ad ogni ascolto mi squarcia l'anima in migliaia di rigagnoli impazziti in cerca della foce, di un accesso al mare, all'infinito.
Dolce malinconia che mi avvolge all'improvviso, ovunque e comunque, senza chiedere il permesso.

E ricordo.
Una notte insonne davanti a uno schermo acceso in cerca di risposte.
Una mattina soleggiata d'inverno, un'auto che scivola sull'asfalto della litoranea e una me, malinconica e silenziosa, che si proietta al di là del finestrino e corre a perdifiato sulla sabbia, tra le dune.
Un pomeriggio solitario in balia delle solite manie autodistruttive, mentre allo specchio prende corpo sul mio viso una vecchia amica.
Una noiosa domenica di lavoro in un centro commerciale. E pura Poesia, capace di esplodere, inaspettata, nel tempio dei codici a barre e dei finanziamenti a tasso "zero", lasciando scoperte emozioni profonde.

Da adolescente non credevo che sarebbe andata a finire così.

Così come?

Così.
Spiegati meglio?
Non so, me l'immaginavo diversa... la vita.
Continuo a non capire.
Non dico che sia male, solo... diversa.

Vorresti tornare indietro?

No, non è questo.

Allora, cos'è?

Inizio a sentire il peso del mio essere-qui-e-ora, mi sembra di aver esaurito ogni slancio, ogni possibilità.
Non ti pare di esagerare?
Non intendo dire che non sono felice. Lo sono, però...
Però?
Mi sento incastrata in un meccanismo che si è inceppato troppo presto. Mi manca l'aria. Ho bisogno di trovare nuovi stimoli, di credere di poter cambiare ancora le cose. Di potercela fare.

Beh, perchè credi il contrario? Non hai mica esaurito le tue cartucce! Non ancora, almeno.

Tu hai ragione, ma vedi, il problema è tutto qui. Nella mia testa. Dev'essere saltato qualche collegamento, un fusibile, o sa il diavolo cosa. Non riesco a sbloccarmi. Non ho più pazienza. E invece me ne occorre a pacchi, di pazienza.
La pazienza è la virtù dei forti.
Ahia. Adesso non ricominciare con le frasi fatte, èh!
Niente accade per caso, ricordatelo!
Gesù!
Non nominare il nome di Dio invano.
E chi ha detto niente?
Non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire.
Oh Signore!
Non nominarlo invano, ti ho detto!
Che palle! Ok, basta, mi arrendo! Con le tue perle di saggezza per oggi hai finito.
Chi ben comincia è già a metà dell'opera.
Ecco, allora comincia a sparire. Allora sì che sarò una persona felice!

Felice non è colui che la felicità insegue senza posa, ma colui che sa perseguirla qui-e-ora, senza per questo smettere di cercarla ancora.


Soundtrack: High Hopes - Pink Floyd


6.3.09

Soma(t)tizzare

Analizzare, psicanalizzare, razionalizzare... Somatizzare.
Un gran caos nella testa, arriva lesto alla mia pancia.
Privata d'improvviso del piacere del mangiare, scolorite le pietanze, una gran voglia di "ripittare" di nuovi colori le mie stanze.

Non riesco più a scordare quel tuo sorriso a primavera. Continuo a riprodurlo nella mente, so che non lo lascerò scappare tanto facilmente. Non l'idea di te che ti riconosci nei miei occhi, nei miei desideri e nelle mie paure. E sorridendo mi dimostri che ci credi ancora. In silenzio quel giorno mi hai detto che sogneremo ancora insieme, a distanza, lo stesso destino, lo stesso futuro.

Incoscienti sognatori impenitenti, troppo insicuri per crederci fino in fondo, troppo idealisti per rinchiuderci definitivamente in una gabbia.
Mi hai teso una mano senza saperlo. E da quel giorno un calore indicibile mi attraversa a fasi alterne, ora più vivo, ora affievolito fin quasi a scomparire.

Sarà salutare questa forza che rivendico in un segnale che ho forse solo travisato?
No, non posso essermi sbagliata. Il guizzo nei tuoi occhi era reale. Con tutto quello che ne è conseguito.

Non voglio nient'altro. Solo sapere che quel guizzo c'è ancora e ci sarà sempre, nonostante tutto. Nonostante le cadute, le false partenze e i miei sbagli.
Nonostante le cadute, le false partenze e i tuoi sbagli.
Nonostante due vite diverse, lontane, così maledettamente simili nella mia immaginazione.

Soundtrack: Lithium - Nirvana



4.3.09

Mind Mys(t)eries



Ricordi di una conversazione interrotta, appena accennata. Quel sogno ricorrente, fin troppo reale, che al risveglio ti inchioda al fatto che non sfuggirai tanto facilmente alla croce che la vita ti ha appiccicato alla schiena. Devi volerle le cose, volerle davvero, altrimenti non se ne esce. È così che funziona, no? Ed è inutile illudersi che col tempo passerà, perchè non passa. Sai che per salvarti dovrai sfuggire allo stanco loop che da anni si ripete incessantemente nella tua testa, saltando di neurone in neurone, di sinapsi in sinapsi. Ma non basteranno i palliativi, non ce ne saranno mai abbastanza per appianare il male che uno si fa per amore del quieto vivere. Un incubo aggrappato alle tue viscere, che nessuno ha il coraggio di operare.

Resti lì, appiccicato alla parete, nel buio. E osservi. Osservi la vita che scorre senza di te. Vorresti muoverti, andarle incontro, lasciarti attraversare da lei come un elettroshock e ricominciare a vibrare di nuove possibilità. Ma le scarpe sono incollate al pavimento, non riesci a fare un passo.
Ti credevi speciale, portatore di un mistero da custodire con cura nelle tue speranze, nei tuoi patetici sogni di gloria. Tutto miseramente si tinge di grigio. Anonimato. Mediocrità dei giorni ognuno uguale a se stesso. Ti guardi intorno, tutto procede normalmente. E ti senti anche un po' imbecille ad aver pensato certe cose. Sai che gli alti e bassi sono una costante del tuo essere, eppure non puoi fare a meno di lasciar fluire parole oscure. Non cerchi una redenzione, una facile soluzione o una speranza di cambiamento. Sai già di averle dentro di te.

Due misteriosi e contrastanti impulsi coabitano nella tua testa. Eros e Thanatòs. Inutile farli combattere. A ognuno il giusto spazio. Eppure questo ti logora, come ti logora la consapevolezza che per quanti sforzi tu possa fare non sarà mai abbastanza per spiccare quel salto. Il salto che ti innalzerebbe là, dove hai sempre sognato di arrivare.
Per quanti sforzi tu faccia, resterai sempre un passo indietro ai Grandi. Ad ammirarne l'arguzia, lo slancio vitale appassionato che fa dei colpi di testa la vera chiave di volta per una vita all'insegna della felicità, con la consapevolezza che resterà sempre caduca, ma foriera di nuove occasioni per riprodursi, ancora e ancora, con nuovi slanci.

Un passo indietro, nel buio. Un impercettibile inchino. La giostra riparte. Senza di te. Poco prima di scomparire, due parole squarciano l'oscurità. Illuminandosi, si rivelano al distratto protagonista del suo stesso incubo. Un libro, portato in dono a chi l'aveva perso. Un semplice titolo, di un romanzo lasciato a metà. E una dedica da parte di chi ci ha conosciuto nel fiore degli anni. Iniziato come un incubo, finirà come un Sogno?


Soundtrack: Ed Alleyne Johnson - Purple Electric Violin Concerto

1.3.09

Donne Sull'Orlo Della Sindrome Di Peter Pan


Sto leggendo Oceano Mare di Baricco. Mi piace. Mi piace davvero. Scrive bene quello lì (Grazie, Bk!). Chissà perchè avevo sempre nutrito dei pregiudizi nei suoi confronti. Non certo sulla sua capacità di scrivere, ma temevo fosse uno di quei letterati spocchiosi che tanto piacciono a certi borghesi benpensanti. E invece non è spocchioso manco per niente. Tant'è che oggi, che ho così tanto bisogno di ripulirmi dalle scorie radioattive che io stessa produco in gran quantità, me ne sono venuta al mare e Oceano Mare l'ho portato con me. Non so se lo leggerò. Prima devo scrivere. Devo, capite? Però che almeno non si dica che Oceano Mare, la mia copia di Oceano Mare, adesso non sappia anche un po' del mio mare.

Mi piace stare seduta qui, col culo sulla sabbia e il rumore del mare a solleticarmi i padiglioni auricolari. Mi piace, anche se fa ancora un freddo da battere i denti. Anche se sono da poco reduce da un fantastico febbrone psicosomatico (è mia la diagnosi, nel caso ve lo chiedeste) ed ho una sinusite da sbattere la capoccia contro il muro per quanto mi fa male. Ma 'sti gran ca'. D'altronde lo dice anche Baricco: il mare guarisce. Perciò, sciarpona annodata al collo e cappello ben calcato sopra la fronte che sembro un pazzo squilibrato prima di una rapina, me ne sto qua, a prendere schiaffoni dal vento. Fortuna che ho trovato un angolino sicuro, tranquillo ma non isolato, ché di questi tempi c'è da aver paura ad andare in giro da sole, le donne. Potenza di un'agenda... L'agenda dei
media-ni.

Mi metto pure a smessaggiare un po', tanto per mandare un segnale a chi mi sta a cuore per dire che
sono ancora viva e che il mio pensiero li segue anche a distanza. Tò, guarda! Nessun contatto per giorni e appena mando un segnale... in due-minuti-due ecco che arriva la risposta. Non riesco ancora a rassegnarmi al fatto che non sono più un'adolescente, che gli amici crescono, che abbiamo tutti mille impegni e non ci si vede quasi più. Epperò io a questa storia qui, quella dell'adultitudine, mica ci credo molto. Mi spiego. Non diventiamo mai veramente adulti dentro, se non in senso biologico, sociologico, anagrafico. E con questo non voglio dire che bisogna ascoltare il bambino che è in noi e altre stronzate simili. Tutte banalità trite e ritrite, che come tutte le banalità della vita nascondono sempre un fondo di fottuta verità. Intendo dire che non scatta mai una vera barriera, quel passaggio a livello che ci sbarra il passo e stabilisce il limite invalicabile tra adultitudine e non adultitudine.

Mi si dirà: beh, e allora quando ti nasce un figlio, come la mettiamo? Già. Giusto pochi istanti orsono mi è passata vicino una tenera famigliola. Padre, madre e pargolo zompettante al centro, rigorosamente tenuto per mano. E mi sono chiesta: e se capitasse a me? Non posso negare che ogni tanto ci penso anch'io alla maternità. Ma non nel senso tipicamente femminile del sentire dentro di me i rintocchi di un non meglio identificato orologio biologico. Non sento proprio un tubo. Anzi, a dirla tutta, il solo pensiero mi terrorizza. Come potrei fare da madre a qualcuno io, che ancora non ho imparato del tutto a farlo a me stessa? E pensare che c'è gente che alla mia età ha già figli da dieci anni o più. E poi parlano degli uomini con la sindrome di Peter Pan. E delle donne, allora, ne vogliamo parlare? Sarò mica un maschio mancato? No, èh!

(delirio scritto il 26 febbraio 2009, alle ore 16 o giù di lì)



Soundtrack: Lay Down Sally - Eric Clapton